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L'Argentina ha una storia legata a doppio filo a quella dell'influenza europea: nel Cinquecento furono gli spagnoli, e nei secoli successivi gli italiani, e in particolare i piemontesi, a valorizzare il vino in questo angolo di America. A lungo il paese ha consumato internamente quasi tutto ciò che veniva prodotto, poi dai primi anni Novanta il movimento è cresciuto, con le province di Mendoza, San Juan e La Rioja in prima fila. Oggi impronta europea e anima sudamericana vanno a braccetto e viaggiano in tutto il mondo.

Arrivata sulle navi europee nel Cinquecento, la vitis vinifera ha conquistato il Cile sviluppandosi su un territorio caratterizzato da montagne e correnti pacifiche. L'isolamento del paese lo ha salvato dal flagello della fillossera, contribuendo alla fortuna del comparto vitivinicolo a fine Ottocento. Poi dopo il 1990 c'è stata la sua vera e propria esplosione, sulla scia dell'identità andina: sono i cileni che hanno fatto capire al mondo che non esiste solo l'Europa, quando si parla di vino.

È impossibile riassumere la storia, la cultura e la geografia del vino francese in poche parole. La viticoltura è arrivata “solo” nel VI secolo a.C., con la fondazione da parte dei Greci della città portuale di Marsiglia, e ha trovato prima nei Romani e poi negli ordini monastici del Medioevo i suoi alfieri. Oggi non si può parlare di vino di qualità senza fare riferimento prima di tutto alla Francia: il suo primato morale è indiscutibile ed evidente in tutto il mondo.

A lungo segnato dalla cultura del sake, il Giappone ha una tradizione vitivinicola che risale almeno alla seconda metà dell'Ottocento, periodo in cui si segnalano i primi e isolati successi nel settore. La vera svolta è arrivata però durante gli anni Settanta e Ottanta del Novecento, quando le cantine hanno iniziato a lavorare con decisione sulla qualità e sui vitigni locali come il koshu, disegnando una geografia produttiva oggi concentrata nelle prefetture di Yamanashi, Nagano e Hokkaidō

In quanto centro propulsore della civiltà occidentale la Grecia non poteva non giocare un ruolo di primo piano nella diffusione globale del vino, che ha attecchito in tutto il Mediterraneo. Una diffusione che non è stata soltanto materiale, ma che ha anche interessato il substrato culturale più profondo, unendo religione e filosofia, letteratura e storia. Oggi la Grecia è un puzzle di varietà autoctone e di regioni vocate, dalle isole dell'Egeo e dello Ionio al Peloponneso e alla Macedonia.

Primo produttore di vino al mondo per volumi, l’Italia non è un peso massimo solo nelle cifre. L’impronta della storia secolare del Paese, con il lascito degli Etruschi, della cultura greca e di quella romana, ha disegnato una geografia vitivinicola che non risparmia nessuna regione, sviluppando una presenza della vite che si è fatta capillare. In più, l’enorme ricchezza varietale e la crescita qualitativa degli ultimi trent’anni la collocano nell’Olimpo del vino mondiale.

Anche se l'impronta dei Fenici prima, dei Cartaginesi poi, e quindi dei Romani è stata decisiva per la diffusione del vino in Spagna, ci sono testimonianze archeologiche che fanno risalire al 4000-3000 a.C. le prime tracce di viticoltura. Una tradizione così profonda non poteva che tradursi nell'odierno giardino di straordinaria ricchezza varietale e territoriale, con le regioni della Rioja, della Ribera del Duero, di Jerez de la Frontera, della Castiglia, di Rìas Baixas e del Priorat a fare da capofila.

Quarto paese produttore al mondo dopo Italia, Francia e Spagna, gli Stati Uniti hanno un legame profondo con il vino. Dopo i primi esperimenti cinquecenteschi di vinificazione delle specie native, nel Seicento fu importata nel continente l'europea vitis vinifera, con tentativi prima in Virginia e poi in New Mexico. Oggi la vitivinicoltura è diffusa in tutto il paese, dallo stato di New York all'Oregon e allo stato di Washington, anche se circa il 90% della produzione si concentra in California.

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